Riflessioni
sul significato di “essere liberi”
Perché il termine “Pesach” viene tradotto con “Pasqua”
Come ci si prepara ad accogliere la festa
L'insieme dei testi riportati qui sotto sono
integralmente tratti dal libro
"Le pietre del tempo, il popolo ebraico e le sue feste" di Clara ed Elia Kopciowski
(edizione Ancora 2001).
"Le pietre del tempo, il popolo ebraico e le sue feste" di Clara ed Elia Kopciowski
(edizione Ancora 2001).
Alle origini della
festa
Circa 3200 anni
orsono Giacobbe, insieme ai suoi figli e alle loro famiglie, si trasferì in
Egitto per
raggiungere il figlio Giuseppe che ne era divenuto viceré. I discendenti
di Giacobbe divennero
assai numerosi, ma non dimenticarono il monoteismo insegnato loro da Abramo.
Ciò creò quella
che forse potemmo definire la prima manifestazione di Xenofobia, diffidenza ed
odio verso i diversi,
della storia. Xenofobia che sfociò una vera e propria persecuzione. Un Faraone,
probabilmente di
altra dinastia rispetto a quella del Faraone che aveva elevato Giuseppe alla
carica di viceré, dapprima
ordinò che i figli di Israele fossero ridotti in schiavitù usufruendo
gratuitamente della loro opera. In un
secondo tempo dato che essi, nonostante il duro lavoro, continuavano ad
aumentare di numero, diede
ordine che tutti i loro figli maschi furono uccisi al momento della
nascita. Jocheveth, una donna ebrea
della tribù di Levi, non volle sottostare passivamente all’ordine: prese il
bambino e lo mise in un cesto
che affidò alla corrente del Nilo nella speranza che un qualche evento
miracoloso lo salvasse dalla
morte. La figlia di Faraone vide il fanciullo e, nonostante si fosse
probabilmente resa conto che
doveva trattarsi di un bambino ebreo, fu presa da grande pietà, lo accolse e lo
fece crescere a
corte come un figlio. Quel bambino era Mosè: il nome Mosè significa, infatti,
“salvato dalle acque”.
Divenuto adulto Mosè andava spesso a fare visita e a recar conforto ai suoi
fratelli schiavi. Una
volta s’imbatté in un egiziano che, sicuro della propria impunità, maltrattava
un povero vecchio:
ne risultò una colluttazione durante la quale l’egiziano rimase ucciso. E’
assai probabile che,
se lo avesse richiesto, Mosè avrebbe ottenuto il perdono del Faraone che, pare,
gli fosse molto
affezionato. Ma forse in lui stava maturando quello spirito profetico che
avrebbe informato tutta
la sua vita: le ingiustizie, la corruzione, l’immoralità che regnavano in
Egitto, soprattutto a corte, lo
avevano certo profondamente colpito e ora aveva bisogno di un periodo di
riflessione, lontano
dal palazzo reale, perché la coscienza gli imponeva di rendersi conto di quale
fosse effettivamente il
proprio compito e il proprio ruolo nella vita. Attraverso il deserto e si
fermò a Midian dove prese le
difese di sette pastorelle, figlie di Jetro sacerdote di Midian, dalla
prepotenza di alcuni pastori.
Dallo stesso Jetro fu invitato a fermarsi a lavorare presso di lui. Mosè
divenne così pastore,
e sposò una delle figlie del sacerdote midianita, Zippora. Le due
esperienze, quella di personalità
di spicco alla corte di Faraone e quella di pastore a contatto con gente umile
dedita al lavoro,
furono fondamentali nella formazione del suo carattere preparandolo al suo
futuro ruolo di capo, ma
anche di padre e protettore del suo popolo. Fu proprio durante il periodo
in cui Mosè era pastore
presso il suocero che “Dio udì i loro gemiti e vide i figlioli di Israele ed
ebbe compassione della
loro condizione” (es. 2, 24-25). Apparve perciò a Mosè in un roveto ardente che
pur bruciando
non si consumava, e gli ordinò di tornare in Egitto per “fare uscire” i figli di
Israele dal giogo degli
egiziani promettendogli che gli sarebbe sempre stato vicino, e che avrebbe
inviato al suo fianco il fratello Aharon perché lo aiutasse.Il
Faraone non prese in nessuna considerazione la richiesta di Mosè di
lasciare andare il popolo di Israele, nonostante questi avesse messo in
guardia della potenza del
“Dio di Israele”. Si riversarono allora sull’Egitto dieci piaghe con
effetti devastanti su tutto il paese: le acque del Nilo e di tutte le
sorgenti dell’Egitto si trasformarono in sangue; seguì una invasione di
rane, poi quella di una quantità di insetti dannosi.Sopravvenne quindi una
invasione di ogni genere di bestie feroci che fece strage di uomini e di
bestiame. Invano lo stesso popolo egiziano chiese a Faraone di lasciar libero
il popolo ebraico per ottenere cessazione dei flagelli: in un primo momento il
Faraone
premetteva di obbedire alla volontà divina ma, non appena la piaga cessava, si
rifiutava di
mantenere la promessa. La gravità delle piaghe si fece sempre più intensa:
gli egiziani furono colpiti
dalla pestilenza, ricoperti di bubboni, investiti da terribili tempeste, invasi
da una miriade di locuste
e infine da una profonda oscurità che coprì per giorni e giorni l’Egitto senza
mai lasciar spazio a uno
spiraglio di luce. L’ultima piaga fu terribile: l’angelo della morte, in
una livida notte di terrore, si aggirò
fra le case degli egiziani colpendone a morte tutti i primogeniti, anche quello
di Faraone. Il Faraone fu così
costretto, infine, a dare agli ebrei il permesso di
lasciare l’Egitto. I figli di
Israele, dopo aver consumato il sacrificio pasquale – un agnello col
sangue del quale avevano
segnato gli stipiti delle loro abitazioni per segnalarle all’angelo della
morte che infatti “passò oltre”
risparmiando i loro primogeniti – si affrettarono ad abbandonare
l’Egitto così come era stato loro
ordinato: “E mangiatelo in questa maniera: coi vostri fianchi cinti, coi
vostri calzari ai piedi e col
bastone in mano. Mangiatelo in fretta: è la Pasqua dell’Eterno” (Es
12,11). Prima della loro partenza,
gli egiziani offrirono agli ebrei doni in oro e argento, forse come
risarcimento per il lavoro gratuito
svolto per tanti anni. Gli Ebrei accettarono i doni e, come vedremo in seguito,
fecero male. L’Eterno
ordinò che zevach pesach, il “sacrificio pasquale”,
fosse consumato la prima sera di Pesach
da tutte le generazioni future, perché mai gli avvenimenti di allora,
così densi di significato
e di insegnamenti, venissero dimenticati. Ma gli ebrei dovevano aver
costituito, durante la lunga
permanenza nel paese, una colonna portante sia per il contributo di
lavoro, sia per quello delle idee,
visto che ancora una volta il Faraone si pentì della sua decisione: “Che
cosa abbiamo fatto a lasciar
libero il popolo di Israele che ora non ci servirà più?” (Es
14,5). Alla testa del suo esercito li
inseguì per riportarli indietro provocando al proprio popolo quella che
potremmo definire
l’undicesima piaga, quella che probabilmente è rimasta più
famosa: l’apertura del Mar Rosso
attraverso la quale gli ebrei raggiunsero salvi la riva opposta, mentre
gli egiziani, che avevano
tentato di attraversarla dopo di loro, furono inghiottiti dalle acque che
si richiudevano e affogarono.
Orari officiature per Pesach 5773
Alle
origini della festa
La
durata della festa
DOMENICA
24 MARZO
Bedichat Chamez a sera
PESACH 26 MARZO – 2 APRILE
VIGILIA LUNEDI’ 25 MARZO
DIGIUNO DEI PRIMOGENITI
Inizio 05.39 - termine 19.07
Shachrit con sjium Massachtà ore 7.00
(coloro che assistono possono interrompere il digiuno)
Bijur Chamez entro e non oltre le ore 10.00 (divieto di cibarsi di pane e cibi lievitati)
Acc. dei lumi ore 18.14
Minchà e Arvit ore 18.15
Bedichat Chamez a sera
PESACH 26 MARZO – 2 APRILE
VIGILIA LUNEDI’ 25 MARZO
DIGIUNO DEI PRIMOGENITI
Inizio 05.39 - termine 19.07
Shachrit con sjium Massachtà ore 7.00
(coloro che assistono possono interrompere il digiuno)
Bijur Chamez entro e non oltre le ore 10.00 (divieto di cibarsi di pane e cibi lievitati)
Acc. dei lumi ore 18.14
Minchà e Arvit ore 18.15
I
GIORNO MARTEDI’ 26 MARZO
Shachrit e Musaf (morid ha tal) ore 09.00
Minchà e Arvit ore 18.15
Shachrit e Musaf (morid ha tal) ore 09.00
Minchà e Arvit ore 18.15
II
GIORNO MERCOLEDI’ 27 MARZO
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvit ore 18.15
Uscita festa ore 19.18
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvit ore 18.15
Uscita festa ore 19.18
VIGILIA
(7° giorno) DOMENICA 31 MARZO
Acc. dei lumi ore 19.22
Minchà e Arvit ore 19.15
Acc. dei lumi ore 19.22
Minchà e Arvit ore 19.15
VII
GIORNO LUNEDI’ 1 APRILE
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvit ore 19.20
VIII GIORNO MARTEDI’ 2 APRILE
Shachrit e Musaf (Benedizione dei bambini) ore 09.00
Minchà e Arvit ore 19.20
Uscita della festa ore 20.26
Shachrit e Musaf ore 09.00
Minchà e Arvit ore 19.20
VIII GIORNO MARTEDI’ 2 APRILE
Shachrit e Musaf (Benedizione dei bambini) ore 09.00
Minchà e Arvit ore 19.20
Uscita della festa ore 20.26
Il Chamez si potrà
mangiare a partire dalle 20.45 di martedì sera 2 aprile.